L’impressionante sezione di palazzo che fa da quinta scenografica alla piazza del Castello è l’evidente testimonianza dell’esito sfortunato di un cantiere palladiano. Alla sinistra del frammento è chiaramente visibile la vecchia casa quattrocentesca della famiglia Porto, destinata ad essere progressivamente demolita con l’avanzare del cantiere del nuovo palazzo: visti gli esiti, non si può che apprezzare la lungimirante prudenza del committente, Alessandro Porto. La datazione è incerta, ma senz’altro posteriore al 1570, sia perché il palazzo non è inserito nei Quattro Libri (pubblicati a Venezia nello stesso anno) sia perché Alessandro riceve in eredità le proprietà di famiglia in piazza Castello dopo la morte del padre Benedetto, nell’ambito della spartizione dei beni di famiglia con i fratelli Orazio e Pompeo, avvenuta nel 1571.
Francesco Thiene, proprietario dell’omonimo palazzo palladiano all’altro estremo della piazza, sposò Isabella Porto, sorella di Alessandro, e come già nel caso di Iseppo Porto e i cognati Marcantonio e Adriano Thiene, forse fu proprio la competizione fra le due famiglie ad essere all’origine delle inusuali dimensioni di palazzo Porto. Del resto è la posizione stessa del palazzo, fondale della piazza, a rendere necessaria un’accentuata monumentalità, in grado di dominare il grande spazio aperto antistante: una logica sperimentata pochi anni prima con la Loggia del Capitaniato in piazza dei Signori.
Con buona probabilità il palazzo avrebbe dovuto svilupparsi in sette campate e avere un cortile concluso ad esedra, come prova un'analisi delle murature superstiti. Non è chiara la ragione del blocco del cantiere, che Vincenzo Scamozzi dichiara nel 1615 di aver portato personalmente alla attuale, parziale conclusione.
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