Andrea Palladio progetta la villa per Taddeo Gazzotti fra il 1542 e il 1543. Taddeo non è di nascita aristocratica, ma è un uomo colto, appassionato di musica e legato da vincoli di parentela acquisita ad Antenore Pagello, elemento di spicco della nobiltà vicentina, e infine fautore — insieme a Giangiorgio Trissino — del rinnovamento architettonico della città. Una speculazione sbagliata sul dazio del sale porta Gazzotti alla rovina e nel 1550 è costretto a vendere la villa, ancora in costruzione, al patrizio veneziano Girolamo Grimani che la completa nel giro di alcuni anni.
Nel progettare la villa, Palladio deve innanzi tutto fare i conti con la necessità di assorbire in un insieme aggiornato e coerente una casa a torre preesistente, citata nei documenti e ancora ben visibile all’angolo destro dell’edificio realizzato. Palladio la raddoppia all’altra estremità della pianta, creando due appartamenti simmetrici di tre stanze ciascuno, collegati da una loggia voltata a botte alla grande sala coperta a crociera.
La struttura dell’edificio, lungo e poco profondo, con l’ordine composito che fascia l’intera altezza e la loggia centrale, risente fortemente dell’influsso di palazzo del Tè di Giulio Romano a Mantova e della contemporanea progettazione della grande villa per i fratelli Thiene a Quinto. L’enfasi sulla sala a crociera e la presenza di appartamenti di tre unità fanno parte di un linguaggio che andrà poco a poco affinandosi.
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