Villa Trissino, Vicenza

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Progetto
1534
Costruzione
1534-1538
Stato di realizzazione
Esistente
Indirizzo
Strada Marosticana, 6, Cricoli, Vicenza
Tipologia
  • Abitazioni/Ville
Modelli 3D
1 modello 3D
Questa villa non è sicuramente opera di Palladio, ma è uno dei luoghi del suo mito, anzi ne è l’origine. La tradizione vuole infatti che proprio qui, nella seconda metà degli anni ’30, il nobile vicentino Giangiorgio Trissino (1478-1550) incontri il giovane scalpellino Andrea di Pietro impegnato nel cantiere della villa. Intuendone in qualche modo le potenzialità e il talento, Trissino ne cura la formazione, lo introduce all’aristocrazia vicentina e, nel giro di pochi anni, lo trasforma in un architetto cui impone l’aulico nome di Palladio.
Giangiorgio Trissino era un letterato, autore di opere teatrali e di grammatica, e a Roma era stato accolto nel ristretto circolo culturale di papa Leone X Medici, dove aveva conosciuto Raffaello. Abile dilettante di architettura (si sono conservati i suoi disegni del proprio palazzo in città e un abbozzo di trattato sull’architettura), è probabilmente responsabile in prima persona della ristrutturazione della villa di famiglia a Cricoli, appena fuori Vicenza, ereditata dal padre.
Trissino non demolisce l’edificio preesistente, ma ne ridisegna in primo luogo il fronte principale verso sud, che diviene una sorta di manifesto di adesione alla nuova cultura costruttiva fondata sulla riscoperta dell’architettura romana antica. Fra due torri preesistenti inserisce una loggia a doppio ordine di arcate, che si ispira direttamente alla facciata di villa Madama a Roma di Raffaello, così come pubblicata da Sebastiano Serlio nel Terzo libro dell’architettura (edito a Venezia nel 1540). Nella riorganizzazione degli spazi interni la sequenza delle stanze laterali, di dimensioni diverse ma legate da un sistema di proporzioni interrelate (1:1; 2:3; 1:2), individua uno schema che diventerà un tema chiave nel sistema progettuale palladiano.
Il cantiere è certamente concluso nel 1538. A fine Settecento l’architetto vicentino Ottone Calderari interviene pesantemente sull’edificio, e nei primi anni del Novecento una seconda campagna di lavori cancella le ultime tracce della fabbrica gotica.
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